SECONDO LA “POLISH FORTNIGHTLY REVIEW” 1940-1945

SECONDO LA “POLISH FORTNIGHTLY REVIEW” 1940-1945 [1]

di Enrique Aynat (1991)

1. Motivo e Genesi

Per qualche tempo sono stato interessato a conoscere come il governo polacco in esilio reagisse all’enorme massacro degli ebrei che ebbe luogo presuntamente nel campo di concentramento di Auschwitz.

Qualunque cosa sia accaduta ad Auschwitz, era di competenza del governo polacco in esilio, perché Auschwitz era situata sul territorio della repubblica polacca fino al Settembre del 1939, e il governo polacco che venne installato a Londra all’inizio di Giugno del 1940, non riconoscendo nessuna delle annessioni territoriali effettuate dalla Germania, reclamava giurisdizione su tutta la Polonia pre-bellica

Per questo motivo, ho preso come punto di partenza di questo studio, il presupposto che se un grande massacro di ebrei ebbe luogo ad Auschwitz, il governo polacco in esilio lo avrebbe saputo e avrebbe manifestato di conseguenza una reazione di qualche genere.

2. Scopo e Limiti

L’obbiettivo di questo articolo è determinare quello che di fatto venne pubblicato dalla Polish Fortnightly Review, l’organo ufficiale del ministero dell’interno del governo polacco a Londra; ed è perciò limitato ad uno studio, basato solamente su quei numeri della Polish Fortnightly Review pubblicati dal 1940 al 1945, che permettono di accertare quello che il governo polacco in esilio sapeva di Auschwitz. Altre questioni, come l’analisi dei documenti relativi ad Auschwitz che vennero inviati a Londra dalla resistenza polacca, o lo studio dei riferimenti a quel campo nella stampa polacca clandestina, non sono stati toccati in quest’indagine.

La selezione della Polish Fortnightly Review è stata motivata principalmente da tre fattori:

1. il fatto che era un organo ufficiale del governo polacco in esilio;

2. il fatto, come è stato fatto notare dal professore israeliano David Engel, che si trattava di uno dei “principali veicoli per diffondere la propaganda polacca nella lingua inglese” e un “veicolo primario attraverso il quale il governo diffondeva informazioni presso la stampa occidentale; [2] e

3. la mia non conoscenza delle fonti polacche, dovuta alla mia comprensione ancora insufficiente di tale lingua; mentre la Polish Fortnightly Review, pubblicata in inglese, mi era accessibile.

3. Bibliografia

Bor-Komorowski, Tadeusz, The Secret Army, London: Victor Gollancz, 1950, 407 pp.

Buszko, Josef, “Auschwitz”, in Encyclopedia of the Holocaust, New York: Macmillan, 1990, pp. 114-115.

Czech, Danuta, Kalendarium der Ereignisse im Konzentrationslager Auschwitz-Birkenau 1939-1945, Reinbek bei Hamburg: Rowohlt, 1989, 1059 pp.

Duraczynski, Eugeniusz, “Armia Krajowa”, in Encyclopedia of the Holocaust, New York: Macmillan, 1990, pp. 356-357.

Duraczynski, Eugeniusz, “Delegatura”, in Encyclopedia of the Holocaust, New York: Macmillan, 1990, pp. 1177-1178.

Engel, David, In the Shadow of Auschwitz: The Polish Government-in-Exile and the Jews, 1939-1942, Chapel Hill and London: University of North Carolina Press, 1987, 338 pp.

Garlinski, Josef, Poland, SOE and the Allies, London: Allen and Unwin, 1969, 248 pp.

Garlinski, Josef, Fighting Auschwitz: The Resistance Movement in the Concentration Camp, London: Friedmann, 1975, 327 pp.

Garcia Villadas, Zacarias, Metodolog’ y cr’tica historical, Barcelona: Sucesores de Juan Gili, 1921.

Hoess, Rudolf, Kommandant in Auschwitz: Autobiographische Aufzeichnungen, Munich: Deutcher Taschenbuch Verlag, 1989, 189 pp.

Jarosz, Barbara, “Le mouvement de la résistance à l’intérieur et à l’extérieur du camp”, in Auschwitz camp hitlérien d’extermination, Warsaw: Interpress, 1986, pp. 141-165.

Karski, Jan, Story of a Secret State, London: Hodder and Stoughton, 1945, 319 pp.

Klarsfeld, Serge, Le Mémorial de la déportation des juifs de France, Paris: Beate et Serge Klarsfeld, 1978, pagine non numerate.

Klarsfeld, Serge, e Steinberg, Maxime, Mémorial de la déportation des juifs de Belgique, Brussels-New York, nessuna data, pagine non numerate.

Langbein, Hermann, Hommes et femmes à Auschwitz, Fayard, (luogo di pubblicazione non menzionato), 1975, 527 pp.

Langlois, Charles-V. e Seignobos, Charles, Introduccion a los estudios historicos, Buenos Aires: La pélyade, 1972, 237 pp.

Laqueur, Walter: The Terribile Secret. Suppression of the Truth about Hitler’s “Final Solution”, Harmondsworth: Penguin, 1980, 262 pp.

Mattogno, Carlo, The First Gassino at Auschwitz: Genesis of a Myth, In The Journal of Historical Review, Torrance, 1989, pp. 193-222.

Nowak, Jan, Courier from Warsaw, London, Collins and Harvill, 1982, 477 pp.

4. Fonti

La ricerca è stata condotta alla fine di Aprile e all’inizio di Maggio del 1991 utilizzando la collezione della Polish Fortnightly Review conservata nella Libreria Polacca dell’Associazione Sociale e Culturale Polacca di Londra. Il numero iniziale della rivista venne pubblicato il 15 Luglio del 1940 e quello finale (numero 119) il 1 Luglio del 1945. Ho esaminato la collezione numero dopo numero e pagina dopo pagina e ho notato che i numeri 97 (1 Agosto 1944), quelli dal 101 al 106 (dal 1 ottobre al 15 Dicembre del 1944), e dal 116 al 119 (dal 15 Maggio al 1 Luglio del 1945), mancavano e così non erano disponibili per essere esaminati.

Per quanto riguarda i documenti citati nella sezione 4.2 a nell’appendice 2, essi provengono dagli archivi del Polish Underground Movement [Movimento Clandestino Polacco] (1939-1945) Study Trust (Studium Polsi Podziemnej) di Londra.

5. Metodo

Questo studio è stato sviluppato nel modo seguente:

1. Ho cercato di scoprire in che modo il governo polacco potesse conoscere quello che succedeva all’interno di Auschwitz e specificamente quali canali di comunicazione esistevano tra il campo e Londra; e

2. ho rivolto una speciale attenzione all’informazione su Auschwitz pubblicata nella Polish Fortnightly Review relativa al presunto sterminio degli ebrei, ed in particolare a quello che venne pubblicato, a quello che non venne pubblicato e perché.

Deve essere osservato che, quando si riferisce ad Auschwitz, la Polish Fortnightly Review ha sempre usato la denominazione polacca di Oswiecim.

Infine, le abbreviazioni e gli acronimi utilizzati in questo articolo sono i seguenti:

ACPW: Akcja Cywilna Pomocy Wiezniom (Azione Civile in Aiuto dei Prigionieri).

AK: Armia Krajowa (Esercito Nazionale).

BBC: British Broadcasting Corporation.

BIP: Biuro Informaci i Propagandy (Ufficio di Informazione e Propaganda).

PGE: Governo polacco in esilio.

PFR: Polish Fortnightly Review.

PWCK: Pomoc Wiezniom Obozow Koncentracyjnych (Soccorso per i Prigionieri dei Campi di Concentramento).

RAF: Royal Air Force.

SOE: Direttivo per le Operazioni Speciali.

SS: Schutzstaffel.

ZWZ: Zwiazek Walki Zbrojnej (Unione per il Conflitto Armato)

1. LE ISTITUZIONI POLACCHE DURANTE LA GUERRA

1.1 Il governo polacco in esilio

Dopo l’occupazione della Polonia da parte dei tedeschi e dei sovietici nel Settembre del 1939, venne formato un governo polacco determinato a continuare la battaglia per l’indipendenza, la sovranità, la libertà e l’integrità territoriale della Repubblica Polacca. Questo nuovo governo riteneva che questi obbiettivi potessero essere raggiunti solo dopo l’annientamento del Terzo Reich e per mezzo di un’alleanza con le potenze occidentali.

Il Gabinetto giurò il 1 Ottobre del 1939 davanti al nuovo presidente, Wladyslaw Raczkiewicz. Il generale Wladyslaw Sikorski era il primo ministro.

Per ovvie ragioni il Gabinetto si riuniva in esilio. All’inizio venne costituito a Parigi. Successivamente, di fronte all’avanzata tedesca, si sposto ad Angers, nella parte occidentale della Francia. Infine, dopo l’improvvisa caduta della Francia nel Giugno del 1940, fuggì a Londra.

Il PGE venne riconosciuto dalle nazioni alleate, inclusa (dal Luglio del 1941 all’Aprile del 1943) l’Unione Sovietica.[3]

Il PGE manteneva contatti con la Polonia occupata, sebbene naturalmente i suoi contatti venissero portati avanti clandestinamente. Istruzioni, ordini, direttive e in generale ogni genere di informazioni destinate alla Polonia venivano quasi sempre trasmessi per mezzo della sezione polacca del Direttivo per le Operazioni Speciali (SOE). Il SOE, il cui capo politico era il ministro britannico per la Guerra Economica, era un’organizzazione incaricata di condurre la guerra nei territori occupati dalla Germania. La sezione polacca del SOE cooperava strettamente con il quartiere generale polacco a Londra; inviava messaggi radio e frequentemente paracadutava degli agenti in territorio nemico. A cominciare dal 1942, l’invio di tali agenti divenne routine; e dal 1944, vennero persino effettuati atterraggi di aerei su piste improvvisate.[4]

1.2 La Delegatura

La Delegatura, che operò dal 1940 al 1945, incarnò la rappresentanza clandestina del PGE all’interno della Polonia. Era guidata da un delegato (Delegat) e da tre sostituti. Il delegato era assistito da un comitato costituito da membri dei partiti politici sui quali si basava il PGE.

La Delegatura funzionò come un governo ombra e aveva numerose sezioni, corrispondenti ai ministeri di un’amministrazione regolare. L’organizzazione si estendeva alle province, ai distretti e ai villaggi ed era così una larga rete clandestina che copriva tutta la Polonia. In pratica, la Delegatura dirigeva un vero governo alternativo, uno stato segreto con il suo proprio sistema educativo, le proprie corti di giustizia, le proprie organizzazioni assistenziali, il proprio servizio segreto e le proprie forze armate.[5]

1.3 L’Armia Krajowa

Parallelamente alle forze armate polacche che combattevano i tedeschi apertamente sotto il comando britannico e che erano costituite da polacchi che erano riusciti a fuggire dalla Polonia, esisteva un vero esercito segreto, l’Armia Krajowa (Esercito Interno), che operava segretamente all’interno dei confini della Polonia pre-bellica.

L’AK venne formata nel Febbraio del 1942 sulla base di una precedente organizzazione militare clandestina, la Zwiazek Walki Zbrojnej (Alleanza per il Conflitto Armato). Il generale Stefan Rowecki fu il suo primo comandante. Dopo la cattura di quest’ultimo da parte dei tedeschi nel 1943, venne nominato comandante il generale Bor-Komorowski.

L’AK venne organizzata come un vero esercito, con uno staff di generali, funzionari professionali, un servizio segreto, un servizio di corpi ausiliari, etc., e venne divisa territorialmente in accordo con la divisione amministrativa dei distretti pre-bellici. Così, per esempio, nella mappa organizzativa dell’AK, la zona di Auschwitz era parte del distretto della Slesia.

In termini di forze effettive, è stato calcolato che nella prima metà del 1944 l’AK contasse tra i 250.000 e i 350.000 uomini, inclusi più di 10.000 ufficiali.[6]

2. CANALI DI COMUNICAZIONE TRA AUSCHWITZ E LONDRA

2.0 Considerazioni preliminari

La nostra preoccupazione immediata sarà quella di scoprire se il PGE a Londra poteva conoscere quello che stava accadendo ad Auschwitz e, specificamente, se poteva aver avuto conoscenza di un gigantesco massacro di ebrei che avrebbe presuntamente avuto luogo nel campo.

In breve, questa è una questione che riguarda la determinazione delle fonti di informazione disponibili per il PGE. Per questo sarà necessario in primo luogo stabilire se di fatto esistevano organizzazioni clandestine della resistenza nel campo di concentramento, poi se fossero in grado o no di procurarsi informazioni attendibili e di diffonderle all’esterno del campo, e infine se tali organizzazioni potessero inviare tali informazioni a Londra.

2.1 La resistenza clandestina e le organizzazioni di Intelligence all’interno del campo

Un’organizzazione della resistenza esisteva nel campo di concentramento già nell’Ottobre del 1940. Venne fondata da un ufficiale polacco, Witold Pilecki, che era stato arrestato e inviato ad Auschwitz nel Settembre del 1940. Circa nello stesso periodo, venne costituito anche un gruppo clandestino del partito socialista polacco; e più tardi, nel 1941, venne costituita un’organizzazione di destra sotto la direzione di Jan Mosdorf. Infine, nel Maggio del 1943, venne creata un’organizzazione internazionale, il Kampfgruppe Auschwitz (Gruppo di Combattimento di Auschwitz), che contava membri di varie nazionalità, principalmente di ideologia socialista e comunista.[7]

Le varie organizzazioni stabilirono contatti tra loro più o meno frequentemente, a seconda delle loro affinità nazionali o ideologiche.

Tra gli obbiettivi della resistenza c’era quello di “raccogliere prove relative ai crimini commessi dalle SS e di trasmetterle all’estero.”[8]

Man mano che le installazioni del campo di concentramento venivano ingrandite, le organizzazioni clandestine crescevano in proporzione. A Birkenau, un’organizzazione clandestina creata dal colonnello Jan Karcz era esistente dall’Aprile del 1942. Karcz reclutò un gran numero di membri e creò il proprio “apparato”, il solo modo di dirigere operazioni clandestine in un campo così grande. Alcuni degli uomini di Karcz furono posti in blocchi di ebrei proprio per cercare di aiutarli ad alleviare le loro sofferenze. Venne mantenuto un contatto tra l’organizzazione di Birkenau e quella del campo principale di Auschwitz su base quasi giornaliera per mezzo di un collegamento. Raccogliere informazioni era uno dei compiti principali del gruppo di Karcz.[9]

Verso la metà del 1943, venne costituita un’organizzazione segreta nel campo femminile di Birkenau. Una delle sue attività consisteva nel passare informazioni sulla vita del campo. Vennero effettuati contatti tra il gruppo femminile e il campo principale per mezzo di una “cassetta delle lettere”, dove venivano consegnati e ricevuti messaggi segreti.[10]

La crescita della partecipazione alle organizzazioni della resistenza, dopo l’apertura del campo, fu spettacolare. Durante il 1942, la sola organizzazione di Pilecki disponeva di circa 1000 membri divisi tra Auschwitz e Birkenau. Pilecki afferma che in un solo mese, nel Marzo del 1942, egli reclutò personalmente più di cento persone solo per il suo gruppo. Le organizzazioni nazionaliste e socialiste crescevano anch’esse.[11] Nello stesso anno, il colonnello Kazimierz Rawicz, leader di un’organizzazione clandestina di prigionieri, preparò un piano per una grande rivolta nel campo e nell’area circostante, un piano che egli inviò al comandante dell’AK, cosicché egli potesse fissare la data per iniziare l’azione.[12] I gruppi della resistenza erano così forti nel 1942 e nel 1943 che essi riuscirono a introdurre i loro tentacoli nei gangli della vita del campo.

I loro membri controllavano l’ospedale,

l’ufficio di assegnazione del lavoro,

ed esercitavano funzioni vitali

nell’ufficio centrale,

nella cucina,

nell’ufficio delle costruzioni,

nei magazzini del cibo e del vestiario,

in molti dei distaccamenti per il lavoro dei prigionieri (Kommandos) e persino

nella sezione politica[13]

I gruppi clandestini avevano guadagnato persino la complicità di qualche membro delle SS, principalmente Volksdeutschen, [14] a cui avevano promesso assistenza e accesso al deposito delle munizioni nell’eventualità di una sollevazione.[15]

Tenuto conto di quanto detto, devono essere tratte diverse conclusioni:

1. che le organizzazioni della resistenza erano già operanti dalla fine del 1940, pochi mesi dopo l’apertura del campo;

2. che queste organizzazioni avevano un numero considerevole di membri e che si erano diffuse attraverso tutti i settori del grande complesso carcerario di Auschwitz-Birkenau almeno dall’anno 1942; e

3. che perciò, se ci fosse stata un’uccisione sistematica di ebrei a partire dal 1942, le organizzazioni della resistenza sarebbero state in una posizione tale da averne una conoscenza dettagliata.

2.2 Le organizzazioni della resistenza all’esterno del campo

Le organizzazioni clandestine esistettero anche, in un’epoca precoce, nell’area circostante al campo di concentramento. Nel 1940 la ZWZ creò il distretto di Oswiecim (Auschwitz), che faceva parte dell’”Ispettorato” di Bielsko. Nel 1942 la ZWZ prese il nome di Armia Krajowa.[16]

La resistenza fu molto attiva nel distretto di Oswiecim. La Polish Fortnightly Review fornisce prove di ciò. Essa menziona, ad esempio, che numerosi treni merci vennero deragliati nei dintorni di Oswiecim nel Luglio del 1943.[17]

E’ stato fatto notare nella precedente sezione che esistevano piani per una rivolta ad Auschwitz. Questi piani meritarono l’attenzione del direttivo dell’AK, che inviò uno dei suoi uomini nella zona di Auschwitz per avere un’idea più precisa della situazione. L’ufficiale in questione era un certo Stefan Jasienski, che giunse dall’Inghilterra con il paracadute. Jasienski, uno specialista nel lavoro di intelligence, venne inviato da Varsavia nella zona attigua ad Auschwitz alla fine di Luglio del 1944. Data l’importanza della sua missione, egli venne fornito di tutti i contatti necessari nella zona in questione e specialmente dei mezzi per effettuare un collegamento con il “consiglio militare” del campo.[18]

Vennero anche create delle organizzazioni clandestine con il solo scopo di fornire assistenza ai prigionieri di Auschwitz e mantenere contatti con loro. Così, dalla seconda metà del 1940, venne formato un gruppo chiamato Akcja Cywilna Pomocy Wiezniom (ACPW – Azione Civile per l’Assistenza ai Prigionieri), il compito principale del quale era la raccolta di cibo, medicinali e vestiti, per introdurli all’interno del campo grazie ai propri contatti. Questi stessi contatti servivano per scambiare messaggi. Nel Maggio del 1943 venne formato un comitato a Cracovia chiamato Pomoc Wiezniom Obozow Koncentracyjnych (PWOK – Soccorso per i Prigionieri dei Campi di Concentramento), i cui scopi erano simili a quelli dell’ACPW. Il PWOK, a dispetto del plurale della propria denominazione, operava esclusivamente a beneficio dei prigionieri di Auschwitz.[19]

Avendo accertato l’esistenza di organizzazioni clandestine sia all’interno che all’esterno del campo, ora dobbiamo vedere soltanto quali contatti vennero stabiliti tra esse.

2.3 Contatti tra il campo e l’esterno

I contatti tra l’interno del campo e l’esterno furono facilitati dall’ubicazione di Auschwitz. Come Walter Laqueur ammette, Auschwitz non giaceva in una zona solitaria, ma in un’area densamente industrializzata e molto popolosa, vicina ad importanti città come Beuthen (Bytom), Gleiwitz (Gliwice), Hindenburg (Zabrze) e Kattowitz (Katowice). Auschwitz, inoltre era praticamente un “arcipelago”, con circa 40 sottocampi amministrativamente dipendenti.[20]

Oltre alla peculiare conformazione di Auschwitz, i contatti furono facilitati dal fatto che molti dei prigionieri lavoravano all’esterno del campo insieme a membri della popolazione civile, e anche perché molti lavoratori civili lavoravano all’interno del campo.[21]

Nello specifico, riguardo ai lavoratori civili, è sufficiente dire che ve n’erano centinaia e che erano sia tedeschi che polacchi. Questi lavoratori arrivavano al campo la mattina e andavano via la sera dopo aver finito la loro giornata di lavoro.[22] Venivano impiegati a causa della grande quantità di lavoro richiesta dal campo e per il fatto che c’erano pochi operai specializzati tra i prigionieri. E civili e prigionieri lavoravano spesso insieme.[23]

A causa del crescente numero di prigionieri e del lavoro effettuato fuori del campo, i tedeschi trovarono impossibile, a dispetto delle loro misure di vigilanza e controllo (filo spinato, torri di controllo, cani poliziotto, pattuglie, etc.), prevenire i contatti tra i prigionieri e la popolazione locale, che era esclusivamente polacca. Alcuni segmenti della popolazione facevano parte delle organizzazioni della resistenza. In particolare, i kommando di prigionieri che lavoravano nelle vicinanze del campo conversavano frequentemente con i civili polacchi. All’occasione i civili nascondevano cibo, medicine e pacchi in luoghi precedentemente concordati affinché i prigionieri li prelevassero. Le guardie SS incaricate di questi kommando spesso guardavano dall’altra parte o accettavano di offrire il loro silenzio in cambio di un buon pasto.[24]

D’altronde, le possibilità di contatto erano innumerevoli e si estendevano a tutti i campi, i sottocampi e le installazioni collegate con il complesso di Auschwitz: tali quali il sottocampo di Rajsko, i vivai di pesce di Harmeze, il campo per lavoratori liberi, e il grande complesso industriale impiantato per la fabbricazione del caucciù sintetico.[25]

Tali contatti, soprattutto quelli relativi allo scambio di lettere e pacchi, acquisirono presto un carattere regolare. Un’organizzazione clandestina del campo stabilì velocemente una comunicazione capace di passare informazioni regolarmente per lettera ad un gruppo di Cracovia. 350 di queste lettere sono state conservate in questa città, “una frazione di un totale molto più numeroso”.[26] Lo scambio di pacchi tra il campo e l’esterno crebbe a tal punto che, ad esempio, un gruppo di prigionieri si prese la responsabilità di realizzare cappotti per le unità partigiane dell’AK che operavano nei pressi del campo. I pacchi venivano consegnati da prigionieri che lavoravano nei terreni agricoli o nei sottocampi delle vicinanze.[27]

Inoltre, è stata confermata l’esistenza ad Auschwitz di una radio trasmittente clandestina. Venne segretamente installata nel sotterraneo del block 20 nella primavera del 1942. Per mezzo di contatti e di corrieri il comando del distretto della Silesia dell’AK riuscì a scoprire le onde con le quali trasmetteva. Il trasmettitore fu operativo per un periodo di sette mesi, fornendo informazioni sulle condizioni di vita del campo, e i tedeschi non riuscirono mai a scoprirlo. Terminò i messaggi nell’autunno del 1942.[28]

Esisteva nel campo anche del personale tedesco che collaborava con la resistenza, come Maria Stromberger, un’infermiera che consegnava messaggi dal campo ai capi dell’AK a Cracovia e in Silesia e introduceva nel campo corrispondenza illegale, medicine, armi e esplosivi. Insieme a lei, un gruppo di guardie SS offriva aiuto ai prigionieri operando come corrieri.[29]

Come risultato di tutto ciò, esisteva persino nel primo anno di vita del campo un permanente, seppur fragile, collegamento tra il campo e la sezione di intelligence del distretto di Cracovia dell’esercito clandestino; dalla fine del 1941 venne costituita una speciale cellula nel quartiere generale di Cracovia dell’AK per il contatti con il campo di Auschwitz.[30]

I contatti clandestini tra Auschwitz e l’esterno erano già così frequenti e bene organizzati nel 1942 che Pilecki, fondatore di uno dei gruppi della resistenza dentro il campo, era in “costanti rapporti” non solo con il quartiere generale dell’AK a Varsavia ma anche con il comandante dei distretti di Cracovia e della Silesia.[31]

Inoltre, le informazioni uscite segretamente da Auschwitz non erano limitate solamente ai messaggi e ai rapporti preparati dalla resistenza. All’occasione inclusero persino interi volumi di documentazione tedesca ufficiale, come, ad esempio, due volumi del “libro del bunker” (Bunkerbuch) in cui erano annotate le entrate e le uscite delle prigioni del campo. Questi documenti vennero fatti uscire all’inizio del 1944.[32]

I modi con cui le informazioni venivano trasmesse non erano sempre strettamente clandestini. In numerose occasioni i messaggi lasciarono Auschwitz in modo molto più semplice: portati da prigionieri rilasciati dai tedeschi. Così, per citare solo pochi casi connessi con il gruppo fondato da Pilecki, un primo rapporto uscì in tal modo già nel Novembre del 1940; nel Febbraio e nel Marzo del 1941, ne vennero inviati altri due; e alla fine del 1941 un altro prigioniero, Surmacki, venne rilasciato inaspettatamente e portò con sé a Varsavia un messaggio di Pilecki stesso.[33]

Un numero insolitamente grande di prigionieri venne rilasciato durante il 1942: ci furono 952 liberazioni durante la prima metà di quell’anno e 36 nei successivi sei mesi. Ci fu un numero di liberazioni anche nel 1943, e all’inizio del 1944 vennero liberate donne ebree in numero considerevole, grazie all’intervento di un industriale tedesco.[34]

Un altro mezzo con il quale le informazioni vennero trasmesse all’esterno fu fornito dai fuggiaschi. Talvolta il solo obbiettivo del fuggitivo era di inviare messaggi fuori del campo. Un esempio di questo genere di fuggitivo è costituito da Pilecki stesso. Questo ufficiale polacco decise di fuggire per persuadere i capi dell’AK ad accettare il suo piano per una rivolta ad Auschwitz e, anche, di fornire informazioni sulla situazione generale all’interno del campo. Pilecki fuggì il 27 Aprile del 1943. Quattro mesi dopo, il 25 Agosto, egli raggiunse Varsavia, dove egli contattò l’ufficiale che si occupava di Auschwitz nel quartiere generale dell’AK.[35] Due altri membri del gruppo di Pilecki erano fuggiti in precedenza con l’identico obbiettivo di fornire informazioni al quartiere generale dell’AK.

Si può concludere da quanto è stato detto che a causa della sua ubicazione geografica e delle sue particolari caratteristiche di campo aperto ai lavoratori civili, Auschwitz non era il posto più adatto a mantenere segreti. Se a questo aggiungiamo l’efficienza con cui i gruppi di resistenza agivano, operando con i radio trasmettitori, procurandosi la complicità delle guardie tedesche, organizzando fughe e utilizzando per i propri scopi i prigionieri rilasciati, dobbiamo concludere che, per la resistenza polacca, il campo di Auschwitz era praticamente trasparente.

Di conseguenza, se ci fosse stato un massiccio sterminio di ebrei ad Auschwitz, sarebbe stato senza dubbio conosciuto in breve tempo e in dettaglio nel quartiere generale della resistenza a Varsavia.

2.4 Comunicazioni tra la Polonia e Londra

Tutte le fonti conosciute indicano che le comunicazioni clandestine tra la Polonia e Londra avvenivano regolarmente e che le informazioni trasmesse erano abbondanti. Il generale Bor-Komorowski, comandante dell’AK, ha fatto notare che i rapporti segreti:

“erano regolarmente inviati per radio a Londra e negli anni 1942-1944 arrivavano a 300 al mese. Essi contenevano dettagli concernenti ogni aspetto della guerra. A parte le trasmissioni radio, i fatti essenziali del nostro materiale di intelligence veniva microfilmato e inviato ogni mese a Londra per corriere.”[36]

Le informazioni inoltre viaggiavano da un posto all’altro con relativa rapidità. I corrieri andavano a Londra via Svezia o attraverso l’Europa occidentale e impiegavano diverse settimane, talvolta fino a due mesi, per arrivare. Brevi messaggi, d’altro lato, potevano essere inviati quotidianamente a Londra per radio. La resistenza polacca disponeva di circa un centinaio di radio trasmettitori.[37]

Il collegamento con Londra per mezzo dei corrieri venne mantenuto dal 1941 fino alla fine di Luglio del 1942 tramite diversi membri della colonia svedese a Varsavia i quali, quando tornavano in Svezia, portavano messaggi sia da parte dell’AK che della Delegatura. I rapporti periodici sulla situazione all’interno della Polonia (Sprawozdanie sytuacyjne z Kraju) pubblicati dal PGE erano basati principalmente su materiale consegnato dagli svedesi.[38]

A partire dalla seconda metà del 1942, il mantenimento delle comunicazioni venne assunto dai corrieri polacchi. Il più famoso di questi fu Jan Karski (Kozielewski). Karski visse clandestinamente a Varsavia nel 1941 e nel 1942, dedicandosi alla guerra psicologica (“propaganda nera”) contro gli occupanti tedeschi. Alla fine del 1942 il comando della resistenza gli ordinò di portare informazioni a Londra. Karski lasciò la Polonia segretamente nell’Ottobre del 1942 e arrivò in Inghilterra il mese successivo dopo aver viaggiato attraverso la Germania e la Francia. A Londra egli compilò un rapporto che divenne famoso. Il caso Karski venne largamente trattato dalla stampa dei paesi alleati. Karski fece persino un tour di propaganda negli Stati Uniti, dove incontrò personaggi importanti, incluso lo stesso presidente Roosevelt.

Jan Karski era molto ben informato. Egli si era specializzato nello studio della stampa clandestina. Consapevole della grande importanza storica di quest’ultima, egli mise insieme probabilmente “la più ricca collezione di materiale polacco clandestino esistente – giornali, pamphlets, e libri.[39] Inoltre, egli aveva occupato un posto di osservazione privilegiato durante il suo periodo di attività segrete in Polonia. Grazie al suo lavoro come agente di collegamento e ai suoi frequenti contatti con gli alti gradi della resistenza, sia civili che militari, Karski “poté esaminare l’intera struttura del movimento clandestino e redigere un quadro dettagliato della situazione generale in Polonia.”[40] Per questa ragione i leader del movimento clandestino lo inviarono a Londra.

Un altro corriere molto ben informato era Jan Nowak (Zdzislaw Jezioranski). Nowak venne scelto nel 1943 per andare segretamente in Inghilterra, portando con sé il massimo possibile di informazioni. A questo scopo, Nowak si incontrò durante l’estate con il capo del Biuro Informacji i Propagandy (BIP – Ufficio di Informazione e Propaganda) dell’AK. Il capo del BIP era “in un certo modo il ministro della politica interna e della propaganda dell’AK. Egli controllava non solo la stampa militare clandestina, ma anche una rete di informazioni largamente diffusa.”[41] Su ordine di questa persona, Nowak si incontrò anche con i capi sezione del BIP, tra i quali il capo della “sezione ebraica”, con i quali ebbe conversazioni “lunghe ed esaurienti” per un periodo di un mese.[42] Di conseguenza, quando egli partì per Londra nell’estate del 1943, Nowak doveva essere una delle persone meglio informate su quanto stava accadendo in Polonia.

Nowak arrivò a Londra nel Dicembre del 1943. Alcuni mesi più tardi, verso la metà del 1944, gli venne ordinato di tornare in Polonia, dove egli giunse con il paracadute. Egli prese parte alla rivolta di Varsavia; dopo che venne repressa, egli riuscì a fuggire a Londra nel Gennaio del 1945.

In breve, se ci fosse stato un massiccio sterminio degli ebrei ad Auschwitz, la leadership della resistenza in Polonia non avrebbe mancato di darne avviso ai propri superiori a Londra, sia per mezzo di radio messaggi che per corriere. Più specificamente, corrieri come Jan Karski e Jan Nowak, uomini particolarmente addestrati a consegnare il massimo possibile di informazioni a Londra, avrebbero certamente comunicato tale terribile evenienza alle autorità polacche in esilio.

2.5 Conclusione

E’ impossibile accettare che il PGE non conoscesse quello che stava avvenendo ad Auschwitz. A parte le più ovvie ragioni, dobbiamo anche prendere in considerazione il livello di efficienza che l’intelligence della resistenza polacca aveva raggiunto. L’AK disponeva di un sistema di intelligence straordinariamente efficiente, che estendeva i propri tentacoli persino oltre la Polonia. Disponeva di sezioni incaricate di individuare i problemi economici e militari delle forze tedesche in Polonia e dietro il fronte Russo, e di altre sezioni incaricate di ottenere informazioni sulla situazione economica all’interno della Germania, sui movimenti navali nei porti del Baltico e del Mare del Nord, e sul morale dei tedeschi.[43] Ad esempio, nella primavera del 1942 i capi dell’AK ricevettero dettagliate informazioni sul numero e la posizione delle divisioni tedesche in Ucraina e sui preparativi che i tedeschi stavano facendo di sfruttare i giacimenti di petrolio del Caucaso.[44] I polacchi riuscirono anche ad ottenere informazioni attendibili su alcuni dei segreti più sorvegliati del Reich. Così, nella primavera del 1943, l’AK ricevette notizia che i tedeschi stavano conducendo esperimenti con armi misteriose a Peenemunde, un’isola del Mar Baltico. Poche settimane più tardi, agenti polacchi riuscirono ad ottenere i piani dettagliati dell’area degli esperimenti e li spedirono a Londra.[45] Similmente, alla fine del 1943 il servizio segreto dell’AK scoprì i test che i tedeschi stavano effettuando con il razzo V-2 nella zona di Sandomierz (Polonia), dopodichè vennero inviati a Londra esaurienti rapporti sulla nuova arma segreta tedesca. Accadde che il capo di quest’indagine, Jerzy Chmielewski, era stato detenuto ad Auschwitz, ed era stato rilasciato su cauzione nel Marzo del 1944. Chmielewski volò personalmente a Londra con i rapporti e diverse componenti del razzo V-2.[46]

Il BIP dell’AK inoltre disponeva, dal Febbraio del 1942 di una sezione per gli affari ebraici la cui funzione principale era quella di raccogliere informazioni sulla situazione della popolazione ebraica.[47]

Insomma, il sistema di intelligence della resistenza polacca era così ben sviluppato e così efficiente che se ci fosse stato realmente un massiccio sterminio degli ebrei ad Auschwitz, si sarebbe saputo praticamente da subito, e in dettaglio. Successivamente, rapporti dettagliati sullo sterminio ad Auschwitz avrebbero raggiunto Londra per corriere in un tempo relativamente breve. Rapporti più brevi sarebbero stati trasmessi per radio immediatamente.

Inoltre, uno sterminio massiccio di ebrei ad Auschwitz sarebbe stato così impossibile da nascondere che, come l’autore Josef Garlinski ha riconosciuto, anche se non vi fosse stata un’organizzazione di intelligence, “il segreto non avrebbe potuto essere mantenuto”.[48]

Tutti i fatti indicano chiaramente, perciò, che se un massacro di centinaia di migliaia di ebrei avesse avuto luogo ad Auschwitz, il PGE lo avrebbe necessariamente saputo.

3. AUSCHWITZ E LO STERMINIO DEGLI EBREI NELLA POLISH FORTNIGHTLY REVIEW

3.0 Considerazioni preliminari

Il fatto che emerge nettamente dopo l’esame della collezione della PFR – con l’eccezione degli esemplari del quarto trimestre del 1944 che non è stato possibile esaminare – è che fino al 1 di Maggio del 1945 (N°115) non c’è la minima menzione del fatto che gli ebrei venissero sterminati ad Auschwitz. Solo nel numero 115, pubblicato quando la guerra era praticamente finita e la propaganda nera degli Alleati sui campi di concentramento tedeschi era in pieno svolgimento, troviamo il primo riferimento dello sterminio degli ebrei ad Auschwitz: si tratta della testimonianza di due donne che erano state detenute nel campo (vedi appendice 1).

In breve, l’organo ufficiale in lingua inglese del Ministero Polacco dell’Informazione – il suo principale mezzo di informazione e propaganda all’estero – non espresse fino alla primavera del 1945 la minima indicazione che c’era stato un gigantesco sterminio di ebrei, un massacro che inoltre sarebbe stato portato avanti senza interruzioni per un periodo di tre anni, dall’inizio del 1942 alla fine del 1944.

Deve essere anche sottolineato che il campo di Auschwitz viene ripetutamente menzionato nella PFR, sebbene non vi è traccia che fosse un luogo dove gli ebrei venivano sterminati; e allo stesso tempo, mentre lo sterminio degli ebrei in generale viene frequentemente menzionato, non c’è mai una traccia che venisse effettuato ad Auschwitz.

Esaminiamo, allora, questi due aspetti più approfonditamente.[49]

3.1 Auschwitz viene menzionata ripetutamente, ma senza riferimenti ad uno sterminio in loco degli ebrei

Seguono ora in ordine cronologico tutti i riferimenti ad Auschwitz che appaiono nella PFR fino al Maggio del 1945:


1. Articolo “Il Campo di Concentramento a Oswiecim”

(n°21,1Giugno1941, pp. 6-7).

L’articolo fa notare che i telegrammi che arrivavano da Auschwitz comunicando la morte dei prigionieri “hanno attirato per la prima volta l’attenzione di tutta la Polonia su questo luogo di tortura alla fine dell’anno scorso” (p. 6). Indica anche che il tasso di mortalità era molto alto – tra il 20 e il 25% – a causa dei maltrattamenti delle guardie, delle condizioni particolarmente cattive, delle esecuzioni di massa e delle malattie contratte a causa del freddo, del superlavoro e della tensione nervosa. Le famiglie furono autorizzate a ricevere urne con le ceneri dei deceduti. Le condizioni di lavoro e il cibo erano orribili. I prigionieri non ricevettero scarpe fino al 19 di Settembre del 1940. C’era solo un asciugamano per 20 persone. La giornata lavorativa iniziava alle 4:30 del mattino. Duecento persone erano state liberate ed erano tornate a Varsavia, sebbene in un penoso stato di salute, poiché un “prigioniero liberato è di regola un uomo malato, tubercoloso, e con cuore debole, e in uno stato di esaurimento nervoso” (p. 7).

Notiamo al riguardo che dalla fine del 1940 “l’attenzione di tutta la Polonia” era incentrata su Auschwitz e che dalla metà del 1941 il PGE disponeva già di dati dettagliati riguardanti l’interno di Auschwitz, sebbene tali dati rivestissero il tono caratteristico della propaganda nera.

2. Articolo “Il Campo di Concentramento di Oswiecim”

(n°32, 15 Novembre 1941, pp. 5-6).

Secondo l’autore dell’articolo, il campo di Auschwitz, “che è il più grande della Polonia, merita una descrizione dettagliata” (p. 5). Poi, come nell’articolo precedente, viene descritta la situazione generale del campo. Le baracche avevano fessure e non erano riscaldate. I prigionieri non avevano un asciugamano personale, cosa che favoriva la diffusione di malattie. Inoltre, molte persone “soffrono di malattie veneree e vengono deliberatamente inviate al campo” (p. 5). Il lavoro iniziava alle 5 di mattina ed era sfiancante. I prigionieri dovevano lavorare anche quando erano ammalati. Gli appelli erano terribili: essi erano causa di morti frequenti. Era stato imposto ai prigionieri un sistema di responsabilità collettiva, cosicché le punizioni erano frequenti ed erano applicate per mezzo di un largo repertorio di torture. L’inverno del 1940-41 si era distinto per il suo alto tasso di mortalità, con cifre che oscillavano tra i 70 e gli 80 cadaveri al giorno (in un giorno furono 156). Il tasso di mortalità si abbassò nelle successive primavera ed estate a 30 persone al giorno. Alla fine di Novembre del 1940 c’erano 8000 polacchi ad Auschwitz, divisi in tre gruppi: prigionieri politici, criminali, e sacerdoti ed ebrei. Quelli dell’ultimo gruppo erano i peggio trattati e “nessun membro del gruppo lasciava vivo il campo” (p. 6).

La cosa più importante da notare qui è che alla fine del 1941 la PFR si trovava in una posizione tale da pubblicare “una descrizione dettagliata” di quanto stava avvenendo ad Auschwitz.

  1. Articolo “Avvocati tedeschi al lavoro”(n°40, 15 Marzo 1942, p. 8)

Questo articolo riguarda il testo di un messaggio radio di Stanislaw Stronski, ministro polacco dell’Informazione, che venne trasmesso dal servizio polacco di informazioni della BBC l’11 Marzo del 1942. Stronski fa notare che tutti i “criminali di guerra tedeschi, da Frank il degenerato nella polacca Wawel ai sorveglianti degenerati del campo di concentramento di Oswiecim, sono responsabili del fatto che in una terra nella quale la loro stessa esistenza è un crimine, essi uccidono cento persone ogni una.”

  1. Articolo “La prigione Pawiak a Varsavia e il campo di concentramento di Oswiecim” (n°47, 1 Luglio 1942, pp. 2-3).

In questo articolo viene detto che oltre al campo principale costruito in prossimità di Auschwitz, ce n’era un altro nelle vicinanze “nel quale le brutalità sono così terribili che lì le persone muoiono più rapidamente che se fossero state nel campo principale (p. 2). I prigionieri hanno definito questo campo “paradisiaco” [paradiesisch= paradisiaco/celestiale] “presumibilmente perché da lì c’è solo una strada, quella che porta al Paradiso” (p. 2). L’articolo qui si riferisce senza dubbio al campo di Birkenau, la costruzione del quale era iniziata nell’Ottobre del 1941. [50] I prigionieri di entrambi i campi, continua l’autore dell’articolo, venivano uccisi in tre modi:

“con il lavoro eccessivo,

con la tortura, e

con strumenti medici” (p. 2).

I prigionieri del campo “paradiso” in particolare dovevano lavorare molto duramente “soprattutto per costruire nelle vicinanze una fabbrica per produzione di gomma sintetica” (p. 2). In realtà, nell’Aprile del 1941 i tedeschi avevano iniziato la costruzione di un grande complesso chimico della compagnia I. G. Farben destinato alla produzione di gomma e benzina sintetiche. I prigionieri di Auschwitz vennero utilizzati come forza lavoro nella costruzione di questo complesso. [51] I tedeschi, continua l’articolista, fecero uso di un metodo “scientifico” per uccidere i prigionieri. Esso consisteva nella somministrazione di iniezioni che ledevano lentamente gli organi interni, specialmente il cuore. Inoltre, è “universalmente ritenuto che i prigionieri vengono utilizzati per esperimenti su larga scala volti a testare droghe che i tedeschi stanno preparando per scopi sconosciuti” (p. 2). Nel contesto degli esperimenti condotti sui prigionieri, viene descritto l’uso di gas velenoso a scopo omicida: “E’ generalmente risaputo che durante la notte tra il 5 e il 6 di Settembre dello scorso anno circa un migliaio di persone vennero condotte nel rifugio sotterraneo di Oswiecim, tra i quali settecento prigionieri di guerra bolscevichi e trecento polacchi. Poiché il rifugio era troppo piccolo per contenere questo grande numero, i corpi viventi vennero semplicemente forzati verso l’interno, senza preoccuparsi delle ossa rotte. Quando il rifugio fu pieno, il gas vi venne iniettato, e tutti i prigionieri morirono durante la notte. Tutta la notte il campo venne tenuto sveglio dai gemiti e dalle grida provenienti dal rifugio. Il giorno dopo altri prigionieri dovettero portare fuori i corpi, un compito che richiese tutto il giorno. Un carretto con cui i corpi vennero rimossi si ruppe a causa del peso (p. 2).”

Qualcosa di paradossale sembra essersi prodotto qui: la PFR conosceva – e pubblicava informazioni su uno sterminio occasionale di un migliaio di persone in un’epoca nella quale era presumibilmente del tutto inconsapevole del massiccio e regolare sterminio di centinaia di migliaia di ebrei negli anni 1942, 1943 e 1944.

D’altro lato, la tesi dello sterminio di un migliaio di russi e polacchi nel rifugio sotterraneo di Auschwitz e la sua successiva evoluzione nella dottrina “sterminazionista” è stata completamente screditata.[52]

L’articolo fa anche notare che era stata recentemente impiantata a Oswiecim una sezione femminile (p. 2). Da questo si può dedurre che l’articolo conteneva delle informazioni su Auschwitz risalenti almeno alla fine di Marzo del 1942, poiché il primo trasporto di donne giunse al campo il 26 Marzo di quell’anno.[53]

Infine, l’articolo registra che Oswiecim aveva una capacità di 15.000 prigionieri, “ma poiché essi muoiono in massa, c’è sempre posto per nuovi arrivi” (p. 3).

5. “Furor germanicus” (n°47, 1 Luglio 1942, p. 8).

Questo è il titolo di un discorso di Stanislaw Stronski trasmesso dal servizio polacco di informazioni della BBC il 1 Luglio del 1942.

Il furor germanicus si produce, secondo Stronski, perché i “tedeschi sono violenti” ed ora che essi “stanno saziando la loro antica brama di dominio, essi nuotano nel sangue degli indifesi e godono dei tormenti delle loro vittime.” Secondo Stronski, il governo polacco aveva in quel momento “un’immagine assai chiara dei metodi di governo, vale a dire, delle persecuzioni e degli atti di barbarie compiuti dai tedeschi in Polonia durante i primi sei mesi di quest’anno” e che “gli ultimi rapporti dalla Polonia confermano le tristi notizie che sono giunte assai in dettaglio durante gli ultimi sei mesi, e comunicano le dimensioni incredibili dei crimini”. Tali rapporti dovevano essere davvero recenti, poiché la nota introduttiva di questo numero indica che esso corrisponde “all’ultima data possibile” e che per la maggior parte esso “riporta la situazione dell’inizio di Giugno, meno di un mese fa” (p. 1).

Il solo riferimento ad Auschwitz nel messaggio radio di Stronski è il seguente: “Oltre ai campi di tortura per uomini, con Oswiecim in testa, ci sono ora campi di tortura per donne, come quello vicino Furstenberg (Mecklenburg) conosciuto come Ravensbruck.”

Così, a dispetto di questa “immagine assai chiara” della situazione in Polonia e la freschezza delle informazioni, il PGE sembra non sapere dello sterminio degli ebrei che veniva presuntamente effettuato ad Auschwitz dall’inizio del 1942.[54]

6. Dichiarazione in conferenza stampa del ministro polacco dell’Interno, Stanislaw Mikolajczyk, il 9 Luglio 1942 (n°48, 15 Luglio 1942, pp. 4-6)

Nella sua lunga dichiarazione riferita agli ultimi eventi che erano accaduti in Polonia e nella quale egli sottolinea che il furor teutonicus aveva raggiunto “un parossismo omicida” (p. 6), Mikolajczyk menziona Auschwitz solo di passaggio: “Nello stesso campo di concentramento di Oswiecim il numero dei prigionieri è aumentato di 8000 in tre mesi” (p. 5).

Nell’articolo “Campi di Concentramento” (n°48, 15 Luglio 1942, p. 3)

Auschwitz appare in un elenco di 23 campi di concentramento “dove i polacchi sono confinati”.

L’articolo segnala che gruppi di prigionieri sono continuamente inviati ad Oswiecim da tutte le prigioni polacche e, specificamente, alcune centinaia di loro nei mesi di Marzo e Aprile del 1942. Ci sono notizie del decesso di prigionieri “che non riescono a sopportare i rigori del campo” e si indica anche che grandi gruppi di prigionieri vanno a lavorare ogni giorno alla costruzione di una fabbrica di benzina sintetica nell’area circostante. Infine, vengono fornite precise informazioni sui prigionieri deceduti.

8. In un altro articolo, “La gioventù polacca nella guerra” (n°56, 15 Novembre 1942, p. 8),Auschwitz appare come uno dei luoghi dove giovani polacchi dai 12 ai 18 anni vengono internati.

9. L’articolo “I bambini nelle prigioni e nei campi di concentramento” (n°77, 1 Ottobre 1943, p. 5) riferisce:

Altri rapporti dalla Polonia dicono che i bambini sotto l’età di 12 anni inviati con i trasporti al campo di Oswiecim non sono accettati dalle autorità del campo, ma vengono uccisi sul posto, in speciali camere a gas installate allo scopo. Questa informazione è pervenuta per la prima volta a Dicembre, 1942, e da quella volta è stata ripetuta in numerosi rapporti.

Dal contesto si inferisce che questo riguarda bambini polacchi.

Questo è il solo riferimento alle camere a gas prima del 1945.

3.2 Lo sterminio degli ebrei viene ripetutamente menzionato, ma senza riferimento ad Auschwitz

Seguono in ordine cronologico i riferimenti allo sterminio degli ebrei che apparvero sulla PFR fino al Maggio del 1945:

1. L’articolo “La prigione Pawiak a Varsavia e il campo di concentramento di Oswiecim” (n°47, 1 Luglio 1942, p. 3) riporta: “E’ anche risaputo in Polonia che l’anno scorso un gruppo di ebrei venne condotto nelle vicinanze di Amburgo, dove furono tutti gassati.” Così il presunto destino di un gruppo di ebrei ad Amburgo era “risaputo” in Polonia, mentre il massacro ordinario degli ebrei che stava presuntamente avvenendo ad Auschwitz non era conosciuto – o non rivelato.

2. ArticoloDistruzione della popolazione ebraica” (n°47, 1 Luglio 1942, pp. 4-5). Secondo l’articolista, le prime manifestazioni delle nuove misure repressive contro gli ebrei, sotto forma di fucilazioni di massa, ebbero luogo a Nowy Sacz, Mielec, Tarnow e Varsavia. Poco dopo il ghetto di Lublino venne annientato. La stampa tedesca dichiarò che il ghetto era stato trasferito nella località di Majdan Tatarski, “ma in realtà quasi tutta la popolazione venne sterminata” (p. 4). Un certo numero di ebrei del ghetto vennero messi dentro vagoni merci che furono condotti fuori della città “e lasciati su un binario per due settimane, fino a quando tutti all’interno morirono di fame” (p. 5). Tuttavia, la maggior parte degli ebrei di Lublino vennero portati a Sobibor, “dove furono uccisi tutti con il gas, con le mitragliatrici e persino a colpi di baionetta” (p. 5). Distaccamenti della polizia ausiliaria lituana (szaulis) vennero portati in Polonia per effettuare questi stermini di massa. Viene anche indicato che si ebbe conferma dello “sterminio completo” degli ebrei nelle aree dell’Est. Città come Molodeczno e Baranowicze erano state lasciate completamente judenfrei (libere da ebrei) (p. 5). Alcune migliaia di bambini ebrei vennero uccisi a Pinsk nell’autunno del 1941. Successivamente, nel Marzo del 1942, 12.000 ebrei vennero sterminati a Lwow, dove stavano ancora avvenendo crimini su vasta scala. Nelle città della Polonia sud-orientale “organizzazioni ruteniane [o ucraine] organizzano cacce contro gli ebrei che si stanno ancora nascondendo in gran numero nei villaggi” (p. 5).

3. L’8 Luglio del 1942 il Consiglio Nazionale Polacco, una sorta di parlamento in esilio, in una risoluzione diretta ai parlamenti delle nazioni libere, avvertiva riguardo ai “fatti rivelati recentemente della distruzione sistematica della forza vitale della nazione polacca e del massacro pianificato di praticamente tutta la popolazione ebraica” (n°48,15Luglio1942,p.3).

4. Il giorno seguente, 9 Luglio, ebbe luogo una conferenza stampa a cui parteciparono diverse personalità polacche in esilio (n°48, 15 Luglio 1942, pp. 4-8). Mikolajczyk, il ministro dell’Interno, disse che era iniziato lo “sterminio sistematico degli ebrei” (p. 4). Egli disse che erano avvenuti diversi massacri di ebrei nei campi di Belzec e Trawniki, dove “le uccisioni vengono effettuate per mezzo di gas velenoso” (p. 6). Egli menzionò anche dei massacri di ebrei in una ventina di località, con cifre delle vittime, variabili, a seconda del luogo, da 120 a 60.000. I mezzi utilizzati per lo sterminio erano mitragliatrici, bombe a mano e gas velenoso (p. 6). Nella stessa conferenza stampa, il dr. Schwarzbart, un esponente ebreo del Consiglio Nazionale Polacco, menzionò dei massacri in circa trenta località, con cifre delle vittime, a seconda del luogo, che andavano dalle 300 alle 50.000 (pp. 7-8). In breve, tra questi due notabili, vennero menzionate una cinquantina di località polacche dove avvennero presuntamente massacri di ebrei. Significativamente, Auschwitz – o Oswiecim, secondo la denominazione polacca – non appare in nessuno di questi resoconti.

5. Il numero 57 della PFR, pubblicato il 1° Dicembre 1942, è una monografia dedicata allo sterminio degli ebrei in Polonia. Una gran parte del suo contenuto fa riferimento alla deportazione degli ebrei di Varsavia iniziata nell’estate del 1942. A questo riguardo viene affermato che gli ebrei venivano deportati in treni in cui i pavimenti dei vagoni merci erano coperti di calce viva e di cloro (p. 3). I deportati venivano condotti in tre campi di sterminio: Treblinka, Belzec e Sobibor. “Qui i treni venivano svuotati, i condannati venivano spogliati fino alla nudità e poi uccisi, probabilmente per mezzo di gas velenoso o di elettricità” (p. 3). Questo numero contiene anche un “Rapporto straordinario dal campo di sterminio per ebrei di Belzec” (p. 4). Questo rapporto proveniva presuntamente da un impiegato tedesco del campo. Afferma che il campo è sorvegliato da guardie ucraine. I deportati giungevano con i treni e non appena arrivavano venivano condotti fuori dal treno, spogliati e veniva loro ordinato di fare un bagno. In realtà venivano condotti in un grande edificio “dove c’è una lastra elettrificata, dove vengono effettuate le esecuzioni.” Dopo essere state fulminate, le vittime venivano portate in treno fuori del recinto del campo e gettate in una fossa profonda 30 metri. Questa fossa era stata scavata da ebrei, che erano stati anch’essi assassinati dopo che avevano finito il lavoro. A loro volta, le guardie ucraine del campo “dovevano essere anch’esse uccise quando il loro lavoro era finito”. Sorprendentemente, la PFR era riuscita a pubblicare un rapporto dall’interno del campo di Belzec grazie alle rivelazioni di un impiegato tedesco e a dispetto di misure di sicurezza severe al punto da liquidare periodicamente le guardie ucraine per evitare testimoni.Tuttavia, la PFR fino a quella data non aveva pubblicato neppure una singola indicazione che gli ebrei venivano uccisi ad Auschwitz, nonostante che tale presunto massacro fosse iniziato all’inizio del 1942 e che ci fossero fonti di informazione assai abbondanti sul campo. Ma quello che è più importante da mettere in chiaro è che in un numero in forma di monografia sullo sterminio degli ebrei in Polonia e pubblicato un anno dopo che i presunti stermini erano iniziati ad Auschwitz, il nome di questo campo di concentramento non è menzionato neppure una volta.

6. Il numero 71 della PFR, pubblicato il 1° Luglio 1943, è anch’esso una monografia dedicata allo sterminio degli ebrei in Polonia. Esso contiene unicamente due testimonianze di donne ebree evase dalla Polonia nell’autunno del 1942. La prima testimonianza è intitolata “Agonia del popolo condannato a morte” (pp. 1-7) e narra le vicissitudini di una donna ebrea e della sua famiglia in vari ghetti. Il secondo rapporto porta il titolo “Cosa accadde nel ghetto di Radom” (pp. 7-8) e riporta dettagli sulla vita in tale luogo. Auschwitz non è menzionato neppure in questo numero, e questo a dispetto del fatto che durante il periodo in questione quello che vi succedeva non avrebbe potuto essere nascosto, poiché gli sterminazionisti affermano che dall’estate del 1942 veniva effettuato lì uno sterminio su vasta scala, a causa principalmente dell’arrivo di grandi convogli di ebrei dalla Slovacchia, dalla Francia, dal Belgio e dall’Olanda. [55]

7. Infine, nel Gennaio del 1944 un breve avviso fornisce dettagli di una rivolta nella quale “gli ebrei detenuti nel campo della morte di Treblinka si sono sollevati in una disperata battaglia contro i loro assassini”. La rivolta ebbe luogo all’inizio di Agosto del 1943 (n°84, 15 Gennaio 1944, p. 4).

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CONCLUSIONE

4.0 Considerazioni preliminari

Credo che attraverso questo studio siano emersi due fatti sufficientemente chiari:

1. Che il PGE aveva sufficienti fonti di informazione per conoscere in dettaglio quello che succedeva ad Auschwitz;

2. E che la PFR, il principale organo di propaganda in lingua inglese del Ministero dell’Interno del PGE, non fece menzione che uno sterminio di ebrei stesse avvenendo ad Auschwitz fino praticamente alla fine della guerra, nel Maggio del 1945. In realtà, la PFR raccontò a lungo di questo campo di concentramento, ma mai nel senso che gli ebrei vi sarebbero stati sterminati; e allo stesso modo, essa fece frequentemente allusione allo sterminio degli ebrei ma senza mai dire che ebbe luogo ad Auschwitz.

La verità è che la PFR, che era in grado di conoscere – e che senza dubbio conosceva – quello che accadeva ad Auschwitz, non ha detto assolutamente nulla sullo sterminio degli ebrei che era stato presuntamente effettuato in questo campo durante un periodo di più di tre anni, dal 1942 al Maggio del 1945.

Il passo successivo consiste nel chiedersi perché la PFR non ha rivelato nulla su questo sterminio quando, secondo tutte le prove, avrebbe dovuto conoscerlo in dettaglio.

A mio giudizio, ci sono tre considerazioni che possono essere avanzate per giustificare, o per tentare di giustificare, il silenzio della PFR:

4.1 Il PGE sapeva cosa stava succedendo ad Auschwitz, ma non ha voluto divulgarlo per evitare che le sofferenze dei polacchi passassero in secondo piano

Questo argomento è stato avanzato dal professore israeliano David Engel. Secondo Engel, i polacchi avevano una ragione politica pesante per non attirare l’attenzione del mondo sullo sterminio degli ebrei in Polonia: una pubblicità a largo raggio di questo evento avrebbe fatto sembrare minori, al confronto, le sofferenze dei polacchi, procurando loro meno attenzione e simpatia da parte della comunità internazionale. E così, dice Engel, le informazioni sulla “soluzione finale” vennero filtrate dal PGE, e diffuse in Occidente, solo quando tali informazioni potevano esacerbare l’odio contro il regime nazista in generale e, nello stesso tempo, non relegare in secondo piano le sofferenze del popolo polacco.

In particolare, e per quello che concerne Auschwitz, le autorità polacche consideravano questo campo un simbolo delle tribolazioni dei polacchi stessi, e pensavano che non potesse più essere la stessa cosa se le informazioni sul massiccio sterminio degli ebrei che stava avvenendo lì fossero state diffuse nel mondo intero.[56]

Questo argomento non sembra convincente, per varie ragioni. In primo luogo, le notizie sullo sterminio degli ebrei in Polonia non occupavano una posizione secondaria, né nella PFR che nei documenti ufficiali del PGE (vedi Appendice 2). Al contrario, la preminenza data alle notizie relative allo sterminio degli ebrei rispetto ad altre notizie, nella PFR, è assai evidente, specialmente nella seconda metà del 1942 (vedi il paragrafo 3.2). A tale riguardo, varie dichiarazioni ufficiale del PGE pubblicate nella PFR danno più risalto alle atrocità compiute contro gli ebrei che a quelle compiute contro gli stessi polacchi. Ecco qualche esempio:

1. In una conferenza stampa tenuta il 9 Giugno 1942, il ministro dell’Interno Mikolajczyk, disse: Ancora peggiore è la situazione degli ebrei…Fame, morte e malattie stanno sterminando la popolazione ebraica sistematicamente e continuamente” (n°48, 15 Luglio 1942, p. 6).

2. Nella stessa conferenza stampa, il dr. Schwarzbart, membro del Consiglio Nazionale Polacco, indicò che lo sterminio organizzato degli ebrei “supera gli esempi più orribili nella storia della barbarie” (n°48, 15 Luglio 1942, p. 7).

3. Il medesimo Mikolajczyk, parlando a nome del PGE, affermò il 27 Novembre 1942: “la persecuzione della minoranza ebraica attualmente in corso in Polonia, costituisce tuttavia, una pagina a parte del martirologio polacco. L’ordine di Himmler secondo il quale l’anno 1942 deve essere quello della liquidazione di almeno il 50% della comunità ebraica polacca viene eseguito con totale spietatezza e con una barbarie mai vista prima nella storia del mondo” (n°57, 1 Dicembre 1942, p. 7).

4. Infine, una risoluzione del Consiglio nazionale polacco del 27 Novembre 1942 richiama l’attenzione su “gli ultimi crimini tedeschi, senza confronti nella storia dell’umanità, che sono stati perpetrati contro la nazione polacca, e particolarmente contro la popolazione ebraica della Polonia” e, di conseguenza, condanna “lo sterminio della nazione polacca e delle altre nazioni, uno sterminio di cui l’espressione più spaventosa è fornita dagli omicidi di massa degli ebrei in Polonia e nel resto d’Europa assoggettata a Hitler” (n°57, 1 Dicembre 1942, p. 8).

Così se le informazioni sulle atrocità commesse contro gli ebrei erano venute in primo piano almeno durante la seconda metà del 1942, non è logico che la PFR non menzionasse affatto il nome di Auschwitz, dove, presuntamente, venivano commesse le massime atrocità contro gli ebrei. Inoltre, a partire dalla seconda metà del 1942, il campo di Auschwitz aveva cessato di essere una sorta di simbolo della sofferenza dei polacchi, almeno per quanto riguarda la PFR. In realtà, dal 1 Luglio 1942 non c’è a malapena che qualche riferimento all’esistenza di Auschwitz nella pubblicazione. Auschwitz, durante questo periodo, non era un simbolo di nulla. Esso praticamente scomparve dalle pagine della PFR, sommerso di fatto dalla valanga di rapporti sullo sterminio degli ebrei.

Se non altro, i polacchi avevano una forte ragione politica per porre un’enfasi particolare nella propaganda sulle atrocità contro gli ebrei. I polacchi in esilio, per ragioni che stiamo per vedere, desideravano ardentemente un riavvicinamento con l’ebraismo mondiale per ottenere il sostegno di questa potente forza internazionale.

Dopo l’aggressione sovietica contro la Polonia nel Settembre del 1939, l’USSR annesse importanti porzioni del territorio polacco. Dal 1941, il PGE aveva basato la sua strategia nei riguardi dell’USSR sul non riconoscimento delle annessioni sovietiche di quei territori da parte dell’Inghilterra e degli Stati Uniti. Il trattato anglo-sovietico del 1942, tuttavia, indebolì questa speranza. Come anche Engel riconosce:

“In questa situazione i polacchi avevano bisogno più che mai di amici influenti. Considerata la loro convinzione del ruolo cruciale giocato dalle organizzazioni ebraiche nella formazione dell’opinione inglese e americana, essi dovevano continuare a cercare di portare gli ebrei dalla loro parte, non importa quanto sforzo avrebbe richiesto, e praticamente a ogni costo. Così la seconda metà del 1942 fu un periodo di intensificate aperture da parte dei polacchi verso l’ebraismo occidentale e palestinese.[57]

Di conseguenza, se il PGE aveva bisogno del sostegno ebraico ad ogni costo, non sarebbe stato logico da parte sua sopprimere le informazioni riguardanti lo sterminio degli ebrei ad Auschwitz. D’altro lato, la divulgazione di tali notizie nel contesto della propaganda riguardante le atrocità contro la popolazione ebraica avrebbe senza dubbio reso più facile per il PGE avvicinare i circoli internazionali ebraici il cui sostegno era tanto desiderato.

Inoltre, e da un altro punto di vista, relegare Auschwitz nel silenzio sarebbe stato controproducente per l’idea un tempo caldeggiata dal PGE di bombardare questo campo di concentramento.

In realtà, già nel Gennaio del 1941, il PGE richiese al governo britannico che la RAF bombardasse Auschwitz.

La proposta venne respinta ma, come anche Engel riconosce, non c’è ragione di supporre che i polacchi avessero da quella volta abbandonato l’idea che le attività del campo potessero essere paralizzate mediante un’azione militare da parte dell’Occidente. Egli scrive:

“In questo contesto, una seria campagna polacca per pubblicizzare il fato particolarmente crudele dei prigionieri ebrei di Auschwitz avrebbe potuto ragionevolmente suscitare sufficiente rabbia nell’opinione pubblica occidentale da forzare il governo britannico a riconsiderare il proprio atteggiamento [riguardo al bombardamento di Auschwitz].[58]

In breve, non è vero che lo sterminio degli ebrei era d’importanza secondaria nella politica di propaganda del PGE, poiché in realtà la PFR ne diede ampia copertura. Né è vero che il PGE considerasse Auschwitz un simbolo delle sofferenze dei polacchi da doverlo trattare, nella sua propaganda, come più importante rispetto alle notizie sullo sterminio degli ebrei. Abbiamo già visto, al contrario, che dalla seconda metà del 1942 la PFR ha per così dire dimenticato Auschwitz per mettere in evidenza precisamente le informazioni sullo sterminio degli ebrei. Infine, il PGE aveva il massimo interesse politico possibile nell’accentuare la propaganda sulle atrocità contro gli ebrei. Di conseguenza, sarebbe stato logico per il PGE evidenziare il ruolo giocato da Auschwitz in queste presunte atrocità.

Considerato tutto ciò, dobbiamo concludere che questa prima ragione addotta per giustificare il silenzio della PFR non è valida. Sembrerebbe perciò che la ragione per il silenzio della PFR debba essere cercata altrove.

4.2 I rapporti segreti sullo sterminio degli ebrei ad Auschwitz raggiunsero Londra molto tardi, e perciò furono pubblicati alla fine della guerra

Questa è la spiegazione fornita dal fatto che le prime notizie sullo sterminio degli ebrei ad Auschwitz, apparvero nella PFR il 1° Maggio del 1945 (vedi Appendice 1).[59]

L’esame dei dati disponibili, tuttavia, rende tale asserzione facile da confutare. Così, ad esempio, un articolo con informazioni dettagliate su Auschwitz aggiornate al Settembre del 1940 venne pubblicato dalla PFR nel Giugno del 1941 (n°21, 1 Giugno 1941, p. 6). Engel ha parimenti mostrato che il primo rapporto clandestino su Auschwitz lasciò la Polonia e raggiunse Londra il 18 Marzo dello stesso anno.[60] E’ stato già indicato in precedenza (vedi paragrafo 2.4) che le comunicazioni tra la Polonia e Londra fluivano facilmente. Esse erano istantanee se i messaggi erano trasmessi per radio e di solito impiegavano pochi mesi se venivano inviate tramite corriere. Per quanto riguarda i messaggi radio, esiste un radiogramma inviato dalla Polonia dalla stazione radio clandestina “Wanda 5” il 4 Marzo del 1943 che contiene notizie su Auschwitz aggiornate al 15 Dicembre del 1942.[61] Un altro radiogramma, inviato dalla stazione radio clandestina “Kazia” il 7 Giugno 1943, contiene notizie dall’interno di Auschwitz aggiornate all’Aprile dello stesso anno.[62] Questo fornisce la prova conclusiva che i rapporti riguardanti Auschwitz erano conosciuti a Londra nel giro di pochi mesi.

Di conseguenza questa giustificazione, per spiegare il silenzio della PFR, non può essere parimenti accettata.

4.3 La PFR non riferì sullo sterminio degli ebrei ad Auschwitz semplicemente perché tale sterminio non ebbe luogo


Questa, secondo l’opinione del sottoscritto, è la conclusione appropriata che deve essere dedotta da tutti i fatti disponibili. Riassumiamo brevemente questi fatti:

1. il PGE aveva la possibilità di conoscere, attraverso numerosi canali di comunicazione, quello che stava accadendo all’interno di Auschwitz; se uno sterminio fisico degli ebrei fosse stato sistematicamente effettuato nel campo, il PGE senza dubbio lo avrebbe saputo in uno spazio di tempo molto breve;

2. il PGE non pubblicò, fino alla fine della guerra, nella PFR – il suo organo principale di propaganda in inglese – alcuna informazione del tenore che un grande massacro di ebrei avesse avuto luogo ad Auschwitz, e il silenzio della PFR è condiviso anche da una dichiarazione ufficiale del PGE della massima importanza (vedi Appendice 2);

3. il PGE, e quindi la PFR, non aveva motivo di sopprimere i rapporti sulle atrocità compiute contro gli ebrei; al contrario, tale aspetto costituiva uno dei punti centrali della sua propaganda.

La sola spiegazione che sembra funzionare, allora, per giustificare il silenzio della PFR è che uno sterminio degli ebrei non ebbe mai luogo ad Auschwitz, almeno nessuno tanto significativo da essere pubblicizzato.

Questa è la conclusione derivata dall’applicazione rigorosa dell’argomento degli storici detto ex silentio. Secondo tale argomento, un dato fatto storico è considerato non avvenuto quando non viene citato dai contemporanei, sempre supponendo che le seguenti due condizioni siano presenti:

1. gli autori contemporanei potevano e dovevano conoscere il fatto in questione; e

2. essi avrebbero dovuto riferirlo. [63]

Così, ad esempio, è ritenuto che i Franchi non tenessero assemblee regolari, perché il principale cronista dell’epoca, Gregorio di Tours, non le menzionò e senza dubbio lo avrebbe fatto se vi fossero state.[64]

Queste due condizioni necessarie possono essere perfettamente applicate al nostro caso:

1. la PFR poteva e doveva sapere che gli ebrei venivano sterminati su vasta scala [ad Auschwitz]; e

2. avrebbe dovuto riportarlo, poiché la questione dello sterminio degli ebrei costituiva uno dei punti centrali della sua propaganda.

E se non lo riportò, fu perché con ogni probabilità uno sterminio massiccio degli ebrei [ad Auschwitz] non ebbe mai luogo. Questa, perciò, è la sola spiegazione soddisfacente del silenzio della Polish Fortnightly Review.

Appendice 1: Numero 115 (1 Maggio 1945) della Polish Fortnightly Review


In questo numero, per la prima volta, vennero pubblicate delle informazioni concernenti lo sterminio degli ebrei ad Auschwitz. Questa rivelazione ebbe luogo più di tre mesi dopo l’arrivo ad Auschwitz delle truppe sovietiche, in un’epoca nella quale la guerra era praticamente finita (essa terminò ufficialmente in Europa l’8 Maggio). In quel momento veniva condotta una tremenda campagna di propaganda a livello mondiale sulle atrocità compiute nei campi di concentramento tedeschi già occupati dagli Alleati (principalmente Bergen-Belsen e Buchenwald); pochi mesi prima, nel Novembre del 1944, il Consiglio dei rifugiati di guerra [War Refugee Board], un’organizzazione ufficiale statunitense incaricata del soccorso e dell’assistenza alle vittime di guerra, aveva pubblicato tre testimonianze nelle quali venivano descritte massicce uccisioni degli ebrei che avrebbero avuto luogo ad Auschwitz.[65]

Il numero 115 della PFR, che porta il titolo generico “Donne polacche nei campi di concentramento tedeschi”, è dedicato esclusivamente ad Auschwitz. Esso contiene due testimonianze di prigioniere, un resoconto di donne “gassate” e un breve rapporto su esperimenti medici.

1. Prima testimonianza: “Un resoconto di un testimone oculare del campo femminile a Oswiecim-Brzezinka (Birkenau). Dall’autunno, 1943, alla primavera, 1944” (pp. 1-6).

La nota introduttiva indica senza abbellimenti che questa è la testimonianza di una donna, una testimone oculare, che fornisce un resoconto di cose che accaddero nella seconda metà del 1943 e all’inizio del 1944. Essa indica anche che il documento raggiunse Londra “per vie secondarie” (p. 1).

Un breve esame del testo in questione permette di concludere che esso è privo di valore come fonte storica e che non è niente altro che un prodotto di propaganda.

In primo luogo, nessun dettaglio di sorta viene fornito riguardo alla sua provenienza. Chi lo scrisse, quando e dove venne scritto, o attraverso quale ente raggiunse Londra, non viene rivelato. Se la guerra era praticamente finita, quali pericoli poteva rischiare l’autrice rivelando il proprio nome e qualche dettaglio personale? Non viene neppure fornita alcuna indicazione se questa persona venne liberata da Auschwitz, se fuggì, o se inviò il suo rapporto clandestinamente quando era ancora prigioniera. L’omissione di questi dettagli riguardo l’origine del documento, senza una ragione evidente, lo rende più che sospetto. Inoltre, la scrittrice non menziona alcuna data, come la data del proprio arrivo al campo; o quali mansioni esercitava quando era al campo.

Riguardo alla sua descrizione della vita al campo, la testimone riferisce avvenimenti che sono molto difficili da credere. Ad esempio, ella dice che si trovava nella “Sauna” proprio quando ebbe luogo una speciale selezione di prigioniere per il bordello del campo, nel corso della quale ella assistette all’interpretazione di canzoni pornografiche da parte di una prigioniera che era un ex cantante di cabaret, e all’esecuzione di una danza cosacca da parte di una zingara. Entrambe le donne erano completamente nude (p. 4). Ella riuscì anche ad essere presente ad una ispezione nell’ospedale, durante la quale un dottore tedesco, che sottolineava l’importanza di mantenere buone condizioni igieniche, esaminò attentamente i muri in cerca di polvere o tele di ragno mentre sembrava indifferente alle pile di cadaveri e alla mancanza di medicine e di acqua (p. 4).

La testimone afferma anche che ella vide i forni crematori, che non cessavano mai di funzionare, e dai cui camini uscivano grandi nuvole di fumo, e fiamme alte fino a 10 metri (p. 5). L’attività incessante dei crematori era dovuta allo sterminio degli ebrei. I treni arrivavano ogni giorno da tutta Europa. Il 10% dei passeggeri venivano internati nel campo; il resto veniva condotto alla camera a gas (menzionata sempre al singolare). Ella afferma anche di aver visto lo sterminio effettivo nella camera a gas di 4000 bambini ebrei provenienti dal ghetto di Terezin (Theresienstadt). In realtà, secondo la testimone, il gas non uccideva ma stordiva soltanto, poiché era caro, e i tedeschi volevano risparmiarlo. Di conseguenza le vittime si svegliavano nei carrelli nei quali venivano condotte dalla camera a gas al crematorio e venivano gettate nel fuoco ancora vive (p. 5).

L’autrice di questa testimonianza, senza dubbio consapevole delle enormità che riferisce, ripete numerose volte che le sue informazioni sono strettamente vere, che ella ha visto tutto personalmente, e che, inoltre, questa è solo una piccola parte della verità (pp. 2 e 6).

In breve, il primo documento pubblicato dalla PFR sullo sterminio degli ebrei ad Auschwitz è storicamente inaccettabile.

2. Seconda testimonianza: “Rapporto fatto da una ragazza di 15 anni” (pp. 6-7).

La nota introduttiva dice che questa è la testimonianza di una ragazza polacca riguardante il suo soggiorno al campo femminile di Birkenau durante la seconda metà del 1943 e l’inizio del 1944 (p. 1).

Come nel caso precedente, si ignorano tutti i dati relativi alla provenienza del documento. A giudicare dal linguaggio e dallo stile con i quali è scritto, non sembra essere opera di una ragazza di quindici anni.

Riguardo ai contenuti, la cosa più importante da notare è che esso non contiene il minimo riferimento allo sterminio degli ebrei. Solo in un passaggio viene fatta allusione alla “camera a gas”, nella quale finiscono i detenuti selezionati al momento dell’appello, a causa delle loro cattive condizioni fisiche. Il resto del documento è sorprendentemente obbiettivo, date le circostanze e l’epoca in cui venne pubblicato.

3. Altra informazione (p. 8).

Il numero 115 contiene anche un resoconto di donne sterminate con gas velenoso a Birkenau nel 1943, nel quale le informazioni vengono date mese per mese da Febbraio del 1943 al Dicembre del 1944. Le vittime sono ripartite in tre gruppi: polacche, ebree e altre. Secondo questi dati, il numero delle polacche e delle “altre” donne è molto più grande di quello delle donne ebree.

Infine, c’è un breve resoconto su esperimenti medici effettuati sulle donne del block numero 10 di Auschwitz.

Appendice 2: un documento ufficiale del governo polacco in esilio: “Lo sterminio di massa degli ebrei nella Polonia occupata dai tedeschi (Archivi del SPP, 2318)

Si tratta di un documento ufficiale del ministero degli Affari Esteri del PGE pubblicato a Londra nel Dicembre del 1942. Contiene vari testi ufficiali e dichiarazioni del PGE emessi tra il 27 Novembre e il 17 Dicembre del 1942.

Esso riunisce “i rapporti più recenti” ricevuti dalla Polonia “nel corso delle ultime settimane” sui “nuovi metodi di massacro in massa applicati durante gli ultimi mesi” (pp. 4-5).

L’informazione sullo sterminio degli ebrei contenuta in questo documento è presentata come completa. All’inizio, il documento fornisce una descrizione cronologica delle tappe principali della politica di sterminio dei tedeschi.

Così, esso segnala che le prime misure che portarono alla fase di sterminio furono prese già nell’Ottobre del 1940, quando venne impiantato il ghetto di Varsavia. (p. 5). Più tardi, a partire dalla guerra tedesco-sovietica, vennero effettuati grandi massacri di ebrei, soprattutto nelle province dell’Est. Verso la metà di Luglio del 1942, dopo la seconda visita di Himmler a Varsavia, venne dato il segnale per cominciare il processo di liquidazione, “l’orrore del quale supera tutto quello che si conosce negli annali della storia” (p. 6). Infine, alla fine di Luglio del 1942, iniziò la deportazione degli abitanti del ghetto di Varsavia verso i campi di sterminio (pp. 8-9).

Il documento enumera i luoghi principali dove vennero effettuati i massacri e descrive i metodi di sterminio. Esso dice che le deportazioni dal ghetto di Varsavia erano dirette verso i campi di sterminio di “Tremblinka [sic], Belzec e Sobibor, “utilizzando vagoni merci i cui pavimenti erano coperti con calce viva e cloro. All’arrivo al campo i sopravvissuti ai vagoni merci venivano uccisi con vari mezzi, “incluso il gas velenoso e l’elettricità”, dopodichè venivano sepolti (pp. 8-9). A Chelmno (Kulmhof) i tedeschi utilizzarono parimenti gas velenosi (p. 6). In altri luoghi come Wilno, Lwow, Rowne, Kowel, Tarnopol, Stanislawow, Stryj e Drohobycz, il metodo fu la fucilazione (p. 6).

La cosa più importante da notare è che questo documento ufficiale, che afferma di avere informazioni esaurienti e molto recenti sullo sterminio degli ebrei in Polonia, non menziona Auschwitz neppure una volta. Va poi tenuto conto del fatto che questo testo venne pubblicato nel Dicembre del 1942, praticamente un anno dopo che era iniziato il presunto sterminio degli ebrei ad Auschwitz e sei mesi dopo che i massacri avrebbero preso carattere sistematico con l’arrivo di grandi convogli di ebrei dalla Francia, dalla Slovacchia, dal Belgio e dall’Olanda.

Il documento contiene inoltre un’informazione di grande interesse relativa alla deportazione in Polonia di ebrei di altri paesi. In particolare, esso parla delle “molte migliaia di ebrei che le autorità tedesche hanno deportato in Polonia da paesi dell’Europa occidentale e centrale e dallo stesso Reich tedesco” (p. 4). Questi ebrei venuti dall’estero venivano concentrati in ghetti (p. 15). Secondo la tesi oggi generalmente accettata, una buona parte di questi ebrei finirono ad Auschwitz. Ad esempio, viene detto che alla data del 1 Dicembre 1942 giunsero in questo campo di concentramento 45 convogli di ebrei dalla Francia, 17 dal Belgio, 27 dall’Olanda e 19 dalla Slovacchia.[66] In particolare, viene detto che tutti gli ebrei dalla Francia e dal Belgio deportati in Polonia nel 1942 terminarono il loro viaggio ad Auschwitz.[67]

Cosicché, se si stima una media di mille persone per convoglio, circa 100.000 ebrei sarebbero arrivati ad Auschwitz da questi paesi nel 1942. Di questo numero – affermano i partigiani della tesi oggi in voga – una piccola parte venne considerata abile al lavoro e internata nel campo e il resto fu inviato senza altre formalità nelle camere a gas.

Tuttavia, se il PGE sapeva che gli ebrei dei paesi occidentali venivano deportati verso la Polonia, doveva sapere ugualmente che una buona parte di questi sarebbero finiti ad Auschwitz.

Il silenzio del PGE è perciò assai significativo e suggerisce un’ipotesi molto differente: e cioè che molti degli ebrei deportati in Polonia dalla Francia, dal Belgio, dall’Olanda e dalla Slovacchia durante il 1942 non raggiunsero mai Auschwitz. Il fatto che nel documento che stiamo discutendo viene indicato che questi ebrei venivano concentrati in ghetti rafforza tale ipotesi.

Note:

[1] Traduzione di Andrea Carancini. Il testo inglese dell’articolo è consultabile all’indirizzo: http://www.ihr.org/jhr/v11/v11p282_Aynat.html

[2] Engel D., In the Shadow of Auschwitz, pp. 192, 172.

[3] Duraczynski, E., Polish Government in Exile, pp. 1177-1178.

[4] Garlinski, J., Poland, SOE and the Allies, pp. 21-29, 90.

[5] Duraczynski, E. Delegatura, p. 356.

[6] Duraczynski, E., Armia Krajowa, pp. 88-89.

[7] Jarosz, B., Le mouvement de…, pp. 145-147, 150.

[8] Jarosz, B., Le mouvement de…, p. 158.

[9] Garlisnki, J., Fighting Auschwitz, nota a pagina 97.

[10] Garlinski, J., Fighting Auschwitz, p. 123.

[11] Garlinski, J., Fighting Auschwitz, p. 110.

[12] Jarosz, B., Le mouvement de…, p. 110.

[13] Garlinski, J., Fighting Auschwitz, p. 175.

[14] Polacchi di origine tedesca che avevano scelto di tenere la nazionalità tedesca dopo il 1939.

[15] Garlinski, J., Fighting Auschwitz, p. 205.

[16] Jarosz, B., Le mouvement de…, p. 151.

[17] N°84, 15 Gennaio 1944, p. 5.

[18] Garlinski, J., Fighting Auschwitz, p. 253.

[19] Garlinski, J., Fighting Auschwitz, pp. 46, 153.

[20] Laqueur, W., The Terrible Secret, nota a p. 22.

[21] Laqueur, W., The Terrible Secret, p. 24.

[22] Garlinski, J., Fighting Auschwitz, p. 43.

[23] Garlinski, J., Fighting Auschwitz, pp. 43-45.

[24] Garlinski, J., Fighting Auschwitz, p. 155.

[25] Langbein, H., Hommes et femmes à Auschwitz, p. 252.

[26] Garlinski, J., Fighting Auschwitz, p. 126.

[27] Garlinski, J., Fighting Auschwitz, p. 100.

[28] Garlinski, J., Fighting Auschwitz, pp. 206-208.

[29] Garlinski, J., Fighting Auschwitz, p. 46.

[30] Garlinski, J., Fighting Auschwitz, pp. 102, 143.

[31] Garlinski, J., Fighting Auschwitz, p. 230.

[32] Garlinski, J., Fighting Auschwitz, pp. 54, 112.

[33] Laqueur, W., The Terrible Secret, p. 169.

[34] Garlinski, J., Fighting Auschwitz, pp. 167-173.

[35] Garlinski, J., Fighting Auschwitz, pp. 101-103.

[36] Bor-Komorowski, T., The Secret Army, p. 150.

[37] Laqueur, W., The Terrible Secret, pp. 103, 107.

[38] Laqueur, W., The Terrible Secret, p. 103.

[39] Karski, J., Story of a Secret State, p. 217.

[40] Karski, J., Story of a Secret State, p. 253.

[41] Nowak, J., Courier from Warsaw, p. 164.

[42] Nowak, J., Courier from Warsaw, pp. 166, 172-174.

[43] Bor-Komorowski, T., The Secret Army, p. 150.

[44] Bor-Komorowski, T., The Secret Army, p. 122.

[45] Bor-Komorowski, T., The Secret Army, p. 151.

[46] Garlinski, J., Poland, SOE and the Allies, pp. 150-154.

[47] Duraczynski, E., Armia Krajowa, p. 89.

[48] Garlinski, J., Fighting Auschwitz, p. 89.

[49] Tutte le citazioni che seguono, a meno che non sia diversamente indicato, vengono dalla PFR, con il numero, la data e i numeri di pagina corrispondenti forniti in parentesi dopo ogni citazione.

[50] Czech, D., Kalendarium der Ereignisse im…, p. 159.

[51] Czech, D., Kalendarium der Ereignisse im…, p. 86.

[52] Vedi a tal proposito il lavoro di Carlo Mattogno La prima gasazione, Padova, Edizioni di Ar, 1992.

[53] Czech, D., Kalendarium der Ereignisse im…, p. 189.

[54] Rudolf Hoess, primo comandante di Auschwitz, precisa nelle sue memorie che lo sterminio degli ebrei in questo campo era cominciato “probabilmente” nel Settembre 1941 o nel Gennaio 1942 (R. Hoess, Kommandant in Auschwitz, pp. 159-160.

[55] Buszko, J., Auschwitz, pp. 114-115.

[56] Engel, D., In the Shadow of Auschwitz, pp. 177, 201-203.

[57] Engel, D., In the Shadow of Auschwitz, p. 147.

[58] Engel, D., In the Shadow of Auschwitz, p. 209.

[59] O nell’autunno del 1944, nel caso che i numeri di tale periodo – che non ho potuto rintracciare – abbiano informazioni al riguardo.

[60] Engel, D., In the Shadow of Auschwitz, p. 305.

[61] Il testo della traduzione inglese di questo messaggio, fatta a Londra, è datato 31 Marzo 1943 (Archivi della SPP, 3.16).

[62] Il testo della traduzione inglese di questo messaggio, fatta a Londra, è datato 10 Giugno 1943 (Archivi della SPP, 3.16).

[63] Garcia Villadas, Z., Metodolog’a cr’tica historical, p. 319.

[64] Langlois, Ch. V. e Seignobos, Ch., Introduccion a los estudios historicos, p. 190.

[65] Queste testimonianze sono conosciute come i “Protocolli di Auschwitz”. Un esame critico di esse può essere letto nel mio lavoro, Los “Protocolos de Auschwitz”: ?una fuente historica?, Alicante: Garc’a Hispan, 1990.

[66] Czech, D., Kalendarium der Ereignisse im…, pp. 189-347.

[67] Klarsfeld, S., Le Mémorial de la déportation des juifs de France, p. 13 della mia numerazione. Klarsfeld, S., e Steinberg, M., Mémorial de la déportation des juifs de Belgique, p. 22 della mia numerazione.

Fonte: http://ita.vho.org/001aynat.htm (78 olodogma)

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